NIGHTWIND: LA VITA E’… IMMAGIN-AZIONE | Pensieri di cartapesta
Nightwind è una perla rara di teatro di denuncia. Non è solo uno spettacolo che parla di tortura in un modo assolutamente originale e delicatamente toccante: è anche un caso pressoché unico di rappresentazione, in cui il torturato stesso si pone al centro di un palco e condivide con il pubblico, trasmutandola in arte, la propria esperienza di vita e di salvazione.
Colombiano, a ventidue anni Hector Aristizábal viene torturato atrocemente per tre giorni e tre notti da funzionari governativi, sulla base di accuse infondate di terrorismo. E’ il 1982. Salvo per miracolo grazie all’intervento di una delegazione di Amnesty International, Hector si rifugia negli Stai Uniti, a Los Angeles. Nel 1990 una telefonata lo riporta dritto nell’incubo. Il fratello minore è stato anch’egli torturato e infine ucciso dai paramilitari. Grazie al teatro e a una consapevolezza sociale profonda, Hector riesce comunque a non cadere nella spirale dell’odio e nel delirio di vendetta, trovando invece nell’agire con gli altri e per gli altri una ragione di vita.
Temi scottanti come questi potrebbero facilmente condurre a uno spettacolo buio e intrinsecamente violento. Nightwind, invece, ha la qualità variegata e variopinta di un racconto fantastico. La tecnica narrativa è volutamente straniante. I diversi personaggi sono delineati con tratti ironici e caricaturali, come disegnati sul momento da un vignettista esperto, con rapidi tocchi di colore. Perfino il torturatore è visto con occhio quasi benevolo, nella sua patetica astrattezza di maschera cattiva. Pochi e semplici strumenti (un telo nero, due fasce di stoffa, un palloncino, una panca, un frammento di cellophane) si trasformano velocemente, nelle mani sicure di Hector, in una moltitudine di oggetti: un travestimento sempre diverso, una motocicletta, una benda sugli occhi, un fucile, uno strumento di tortura. Sembra di osservare un prestigiatore, mentre crea dal nulla la magia di infinite realtà. I suoni sono semplici vocalizzi oppure rumori ricavati coi materiali di scena.
Il racconto della storia ha il sapore di una confidenza condivisa, coraggiosa, di un dono sincero, aperto e allo stesso tempo prezioso. Grazie a una tecnica narrativa scoppiettante e a tratti surreale, Hector Aristizábal accarezza il pubblico, non lo ferisce, non lo proietta in un incubo cupo, non lo costringe a subire intimamente le stesse atrocità di cui egli stesso è stato vittima. Lo porta invece per mano a commuoversi profondamente, con empatia umana, nei due momenti più tragici della vicenda: la tortura sofferta e il riconoscimento del corpo massacrato del fratello minore. All’interno di chi ascolta e guarda, si leva così un nunca más! appassionato, che non è grido di rabbia, ma desiderio fraterno di proteggere da una violenza insensata chi, da solo, non è in grado di difendersi.
Dopo lo spettacolo, Hector Aristizábal coinvolge il pubblico in una meditazione dinamica, per liberare la follia vitale che nell’uomo alimenta la coscienza più profonda. Poi sollecita i partecipanti a creare con il proprio corpo, a gruppi, immagini delle sensazioni provate nei confronti della tortura: attraverso il corpo si raggiunge, infatti, una comprensione organica delle proprie emozioni e reazioni viscerali agli eventi. Hector invita tutti, quindi, a riflettere su come le immagini statiche siano intrinsecamente polisemiche, interpretabili da ognuno secondo infiniti punti di vista soggettivi. A ciascun gruppo, allora, è chiesto di dare suono e movimento alle figure create: i significati delle rappresentazioni corporee in tal modo si chiariscono, si arricchiscono di vita e di nuovi significati. Come d’incanto, un pubblico di sconosciuti si trasforma in una piccola comunità solidale, commossa e allegra. Con queste tecniche, ispirate al Teatro dell’Oppresso del brasiliano Augusto Boal, Hector Aristizábal conduce in tutto il mondo seminari dedicati alla trasformazione creativa dei conflitti. Creare società, comunicazione, fiducia, attraverso l’arte, è un modo universale di fare politica costruttiva, al di là di ogni schieramento. Per dare un volto umano al mondo, l’importante è agire, seguendo i propri più intimi desideri, con fantasia. Perché la vita è Immagin-Azione.
Per saperne di più su Hector Aristizábal, si può visitare il sito internet http://imaginaction.org.
NIGHTWIND
di e con Hector Aristizábal
con la partecipazione di Amnesty International
25 novembre 2011, presso il Centro Sociale Spartaco di Roma